Il paese è in una crisi profonda,di che ne dicano gli imbonitori di piazza ,Renzi e compagni,non c'è nessun segnale di miglioramento,e il tutto è aggravato da una crescente pressione fiscale,che non da scampo a nessuno,lavorare produrre,oggi significa fare una operazione che domani ti si ritorce contro,significa pagare tasse ,con le quali mantieni in vita il tuo carnefice-
I dati sono impietosi,è un continuo susseguirsi di notizie poco rassicuranti, partite iva che chiudono, aziende che falliscono, famiglie sempre più in affanno,accesso al credito sempre più difficile,una disoccupazione da far tremare le vene ai polsi,senza parlare di quella giovanile,dati da dopoguerra,e visto questi dati forse stiamo vivendo proprio una guerra,fatta con armi sofisticate che non fanno rumore ,ma lasciano ugualmente vittime sul campo,il numero dei suicidi ne è la prova-
La politica,ormai, si è costruito un proprio mondo virtuale,segue le direttive di pseudo economisti che in nome di una scuola di pensiero economica(neoliberismo,ovvero ripristino della schiavitù) hanno imposto all'europa l'austerità,un susseguirsi di politiche restrittive,sia sotto il profilo sociale che economico,la riduzione dei diritti e delle conquiste sociali ,gran parti di essi sono nate sulle macerie della seconda guerra mondiale,come il diritto ad uno stato sociale equo e solidale, diritti,oggi, definiti come un peso di cui sbarazzarsi,la crisi ha radici ben lontane dai debiti sovrani,sono le banche ,ovvero i loro dirigenti,che hanno costruito un mondo virtuale,fatto di carta straccia,il cui valore è pari a 10/12 volte il pil mondiale,una vera assurdità,situazione non più sostenibile,che nel 2008,ha innescato una crisi finanziaria senza precedenti nella storia dell'umanità,crisi nata negli USA,dove esistono le più grandi banche d'affari del pianeta,i quali hanno ben pensato di dispensare i loro prodotti finanziari tossici,in tutte le banche europee,e i nostri governanti cosa hanno pensato bene di fare?Dopo aver avvallato la teoria che le banche(private non possono fallire) via a garantire le loro esposizioni verso i titoli titoli tossici,con soldi pubblici,ovvero drenando ricchezza dalle tasche dei cittadini con le tasse e i tagli al welfear,il risultato è stato che la gente è sempre più povera e lo stato sempre più indebitato,continuare di questo passo ci porterà da qualche parte?Ovvio che il risultato sarà una catastrofe totale,poichè la consistenza dei prodotti finanziari tossici è tale che solo un pazzo può pensare di sanarli,e poi,perchè mai,un cittadino,uno stato dovrebbe coprire i debiti di istituti finanziari ,i quali amministrati da dirigenti ,che in preda alla cocaina,circondati da escort di lusso e altri vizi ,presi da smanie di onnipotenza hanno avallato operazioni finanziarie fantasiose e criminogene?
E del tutto ovvio,che i nostri governanti,che si sono avvicendati negli ultimi anni,sono collusi con questo sistema,altrimenti si sarebbero ribellati a certe imposizioni,e questo ultimo" gentiluomo" che si è autoproclamato imperatore d'italia,non è da meno ai suoi predecessori,ci porterà solo disgrazie su disgrazie-
Di sotto alcuni articoli che raccontano di una italia,dagli aspetti veramente preoccupanti,che con il passare del tempo,avverte la crisi come una metastasi che lo divora giorno dopo giorno,altro che segnali di ripresa-
A gennaio debito pubblico
a quota 2,089 miliardi
Bankitalia: +20,5 miliardi in un solo mese. L’incremento
è dovuto all’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro
Fitch mette in guardia: «La ripresa in Italia sarà stagnante»
è dovuto all’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro
Fitch mette in guardia: «La ripresa in Italia sarà stagnante»
ROMA
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Torna a salire a gennaio il debito pubblico italiano portandosi a quota 2.089,5 miliardi di euro, con un aumento di 20,5 miliardi in un solo mese. L’impennata, secondo quanto emerge dai dati Bankitalia, è dovuta essenzialmente all’incremento (20,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine gennaio a 57,9 miliardi (68,1 a gennaio del 2013).
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 18,9 miliardi a 1.980,108 miliardi, quello delle amministrazioni locali è aumentato di 1,5 miliardi a 109,193 miliardi e quello degli enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato. In particolare, il debito delle Regioni e delle Province autonome è salito a 37,754 miliardi dai 36,583 miliardi di dicembre, quello delle Province è sceso a 8,431 miliardi (da 8,452 miliardi) e quello dei Comuni si è attestato a 47,077 miliardi (da 47,286 miliardi). La vita media residua del debito si è attestata a 6,9 anni, in linea con dicembre 2013.
Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono invece rimaste stabili a gennaio a 31 miliardi, in linea col valore registrato nello stesso mese del 2013 (30,8 miliardi). Bankitalia ricorda però che «la significativita’ dei dati del mese di gennaio è limitata da disomogeneità nei tempi e nelle modalità di contabilizzazione di alcune entrate (la difformità temporale riguarda prevalentemente anticipi/slittamenti fra i mesi di dicembre e di gennaio)».
E intanto Fitch mette in guardia: «La ripresa in Italia sarà stagnante». Nel suo “Global Economic Outlook”, l’agenzia di rating dedica un capitolo all’Italia, nel quale rileva che dopo due anni consecutivi di contrazione, il Pil nel 2014 registrerà una crescita dello 0,6% e dell’1% nel 2015. Quest’anno la ripresa, secondo Fitch, sarà guidata dall’export, in particolare quelli nell’Eurozona, mentre i consumi resteranno invariati (-2,3% nel 2013), gli investimenti modesti e il mercato del lavoro non aiuterà i consumi a decollare. Nel 2015 la ripresa sarà «più equilibrata» e gli investimenti in rialzo. La situazione del mercato creditizio, «resterà rigida» per le grandi aziende e la «normalizzazione nel settore privato sarà lenta». La disoccupazione toccherà un picco nel 2014, dopo aver raggiunto il 12,9% a gennaio. Nel 2015 il tasso di disoccupazione scenderà al 12,2%. La crescita dei salari nominali sarà «intorno a quota zero», mitigando l’impatto di un’inflazione molto bassa sul reddito reale delle famiglie. L’inflazione, a causa della ripresa fiacca, resterà sotto l’1% nel 2014 e crescerà all’1,2% nel 2015
(AGI) - Roma, 26 apr. - Nei primi tre mesi del 2014 si sono registrate tra le imprese italiane circa 3.600 aperture di procedure fallimentari, il 22% in piu' rispetto allo stesso periodo del 2013. Lo rivela l'associazione Unioncamere, secondo la quale le domande di concordato sono crescite del 34% a quota 577. Unioncamere rileva poi che l'avvio dei fallimenti sale del 22,3% per le societa' di capitali, del 23,5% per le societa' di persone, del 25% per le imprese individuali, mentre scendono del 2% per le imprese costituite come consorzi o cooperative.
Il maggior numero di fallimenti si registra in Lombardia (808), seguita dal Lazio (364) e dalla Toscana (293), mentre diminuzioni si registrano in Basilicata (-17,6%), Calabria (-2,4%) e Molise (-9,1%). Secondo Unioncamere una procedura fallimentare ogni 4 nei primi tre mesi del 2014, ha riguardato aziende che operano nel commercio (+24%). In rialzo i fallimenti del comparto manifatturiero (+22,5% a 763 unita') e nell'edilizia (+20,1% a 771 unita'). Nel Nord-Est i fallimenti sono cresciuti del 22,8%, nel Centro del 23% e nel Sud del 27,8%. Sotto la media il Nord-est a +12,5%. (AGI) .
Crisi, 8 famiglie su 10 si sentono precarie e instabili. Schizzano i fallimenti delle imprese: +22%
Roma, 26 aprile 2014 - I numeri della crisi fanno sempre più paura. Secondo Confcommercio-Censis 8 famiglie su 10 vivono "una sensazione di precarietà", per Unioncamere i fallimenti delle imprese sono aumentati del 22% in soli tre mesi e per Unimpresa 3 aziende su 5 sono costrette a chiedere prestiti per pagare le tasse.
AZIENDE IN CRISI - Tre aziende su cinque chiedono prestiti in banca per pagare le tasse: il 68% delle micro, piccole e medie imprese italiane è stato costretto a ricorrere a un finanziamento. E c’e’ l’Imu (imposta municipale unica) in cima alla lista dei balzelli che hanno spinto gli imprenditori a rivolgersi alle banche, che ora stanno ricevendo analoghe richieste in vista della Tasi. Questi i dati di un sondaggio del Centro studi Unimpresa condotto fra le 120.000 imprese associate sulla base dei dati raccolti al 31 marzo 2014.
Sono gli operatori turistici (per gli alberghi), le piccole industrie (per i capannoni) e la grande distribuzione (per i supermercati) quelli maggiormente esposti con le banche a causa dei versamenti fiscali sugli immobili e, più in generale, per tutti gli adempimenti con l’Erario.
Sono gli operatori turistici (per gli alberghi), le piccole industrie (per i capannoni) e la grande distribuzione (per i supermercati) quelli maggiormente esposti con le banche a causa dei versamenti fiscali sugli immobili e, più in generale, per tutti gli adempimenti con l’Erario.
FALLIMENTI - Nei primi tre mesi dell’anno, le aperture di procedure fallimenti hanno fatto registrare una sensibile crescita rispetto allo stesso periodo del 2013: tra gennaio e marzo, infatti, le nuove procedure sono state circa 3.600, il 22% in più rispetto al 2013. E’ quanto emerge da un’indagine Unioncamere e Infocamere, secondo cui nei primi tre mesi dell’anno anche le domande di concordato risultano in aumento del 34,2% rispetto allo stesso periodo del 2013.
L’aumento dei fallimenti riguarda sia le imprese costituite in forma di società di capitali (+22,6%), che le società di persone (+23,5%) e, soprattutto, le imprese individuali (+25%). In lieve controtendenza appaiono, invece, le aperture di procedimenti fallimentari per le imprese costituite come consorzi o cooperative, che hanno mostrato un calo di circa il 2%.
Dal punto di vista geografico, l’aumento dei default riguarda tutte le aree del Paese: in misura maggiore nel Nord Ovest (+22,8%), nel Centro (+23,0%) e nel Mezzogiorno (+27,8%); sotto la media nel solo Nord-Est (+12,5).
Il dettaglio dei dati regionali ci consegna la Lombardia, in termini assoluti, come la regione con il maggior numero di procedure fallimentari aperte (808), seguita a distanza da Lazio (364) e Toscana (293). Le uniche regioni in cui i fallimenti appaiono in diminuzione sono la Basilicata (-17,6%), il Molise (-9,1%) e la Calabria (-2,4%).
Il dettaglio dei dati regionali ci consegna la Lombardia, in termini assoluti, come la regione con il maggior numero di procedure fallimentari aperte (808), seguita a distanza da Lazio (364) e Toscana (293). Le uniche regioni in cui i fallimenti appaiono in diminuzione sono la Basilicata (-17,6%), il Molise (-9,1%) e la Calabria (-2,4%).
FAMIGLIE IN CRISI - Otto famiglie su dieci vivono "una sensazione di precarietà e instabilità". E solo una su cinque “ritiene invece di essere in una situazione di solidità". E’ il quadro tracciato dall’outlook Confcommercio-Censis su consumi e clima di fiducia per il primo semestre 2014.
Prevale ancora il pessimismo, ma c’è "un leggero miglioramento del clima di fiducia", il primo dal 2011, che il sondaggio lega "all’ottimismo sulle riforme Renzi": il 66% del campione "ritiene che il Governo sia in grado sia in grado di far superare al paese la lunga fase di crisi economica".
Prevale ancora il pessimismo, ma c’è "un leggero miglioramento del clima di fiducia", il primo dal 2011, che il sondaggio lega "all’ottimismo sulle riforme Renzi": il 66% del campione "ritiene che il Governo sia in grado sia in grado di far superare al paese la lunga fase di crisi economica".
Crolla l'artigianato: in cinque anni perse 75.500 aziende
25 aprile 2014Commenta
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Se nel primo trimestre di quest'anno si registra qualche timido segnale di ripresa, la situazione maturata in questi ultimi 5 anni di crisi economica é stata drammatica: in Italia abbiamo perso 75.500 imprese artigiane. Di queste, poco meno di 12mila operavano nel ricco Triveneto. I numeri, fa sapere la Cgia, fotografano una situazione pesantissima che ci consentono di dire che l'artigianato é stato il comparto più colpito dalla recessione che si é abbattuta in questi anni nel nostro Paese. Le costruzioni, i trasporti e il manifatturiero (metalmeccanica, tessile, abbigliamento e calzature) sono stati i settori che hanno segnato le performance più negative.
«Drastica riduzione dei consumi delle famiglie, forte aumento sia delle tasse sia del peso della burocrazia e la restrizione del credito - segnala Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - sono tra le cause che hanno costretto moltissimi artigiani a gettare la spugna. Non potendo contare su nessun ammortizzatore sociale, dopo la chiusura dell'attività moltissimi artigiani non hanno trovato nessun altro impiego e sono andati ad ingrossare il numero dei senza lavoro, portandosi appresso i debiti accumulati in questi anni e un futuro tutto da inventare».
Nel Veneto la situazione ha assunto i toni di una vera débâcle. Tra il 2009 e il 2013 mancano all'appello 9.800 imprese artigiane. Di queste, 2.187 operavano in provincia di Treviso, 1.949 a Verona, 1.848 a Vicenza e 1.836 a Venezia. Si stima che in questo quinquennio la contrazione occupazionale dell'artigianato veneto sia stata di circa 28.000 unità. Da un punto di vista metodologico, fa notare la Cgia, la nati-mortalità delle imprese é stata calcolata come differenza tra le imprese artigiane iscritte in un periodo e le cessazioni non d'ufficio avvenute nello stesso lasso di tempo. Ai fini del calcolo sono state utilizzate le cessazioni non d'ufficio, in modo che il saldo risulti pulito da eventuali operazioni di revisione degli archivi
Istat: cala commercio extra-Ue a marzo
15.53 Le esportazioni italiane verso i Paesi extra-europei registrano nel mese di marzo un calo congiunturale dell'1,2% e una contrazione tendenziale ancora più consistente pari al 3,5%. Lo comunica l'Istat in base a stime preliminari. Più marcata la flessione delle importazioni, che scendono del 3,2% rispetto a febbraio e del 5,4% su base annua. Asean, Eda, Cina,Turchia e Usa i mercati di sbocco più dinamici.Forti le contrazioni delle vendite verso il Giappone, la Svizzera e il Mercosur.
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Finalmente qualcuno che ne parla.
RispondiEliminaPersonalmente penso che sarà sempre peggio,ma ,il vero problema è rappresentato dall'inerzia del popolo.
Penso che non accadrà proprio un bel niente,ci spegneremo piano a piano come una candela,davvero una brutta fine.
Siamo un popolo di coglioni e approfittatori ci sta bene agr abruzzo
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