Grains: crollano con il WASDE
L’analisi dei prezzi ci mostra subito una pesante reazione dei mercati, che perdono rapidamente terreno, ma cosa ha evidenziato questo report per causare una tale reazione?
GABRIELE PICELLO
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Post aggiornato su suggerimento del sig.Gabriele Picello-http://www.trend-online.com/commodity/quotazione-grafico-oro-130614/
Nell’ intervista condotta da Rossana Prezioso, dal titolo “Il caffè? Diventa sempre più amaro…” abbiamo discusso di alcuni settori e tra questi risultano i grains, ovvero Wheat, Corn e Soybeans (tra gli altri).
Nel dettaglio al termine dell’ articolo si suggeriva agli investitori di porre la massima attenzione alla giornata di ieri, caratterizzata dalla diffusione da parte del Dipartimento dell' Agricoltura USA delWASDE Report, ossia un importantissimo bollettino contenente le indicazioni sulle scorte, individuate sia a livello domestico che mondiale.
L’analisi dei prezzi ci mostra subito una pesante reazione dei mercati, che perdono rapidamente terreno, ma cosa ha evidenziato questo report per causare una tale reazione? Il WASDE Report non ha fatto altro che trasformare in realtà i timori degli investitori, mostrando loro un aumento delle scorte a livello mondiale: vediamo la situazione nel dettaglio!
Wheat
Nell’ ultima edizione del WASDE Report si evidenzia un innalzamento delle scorte globali di questo prodotto, che si incrementano di 800000 tonnellate per attestarsi a quota 186.6 milioni di tonnellate.
Corn
Questo prodotto era già sottopressione a seguito delle notizie provenienti dalla Cina e descritte nella succitata intervista, ma anche in questo caso il report dell’ USDA piomba sul mercato come un macigno, portando all’ attenzione degli investitori un incremento di 80000 tonnellate, per un totale di 182.65 milioni di tonnellate.
Soybeans
Innalzamento delle sorte mondiali anche per i Soybeans, che vedono le forniture globali innalzarsi di 650000 tonnellate, per un totale di 82.88 milioni di tonnellate.
Campagna dura per il duro?
In vista importazioni “obbligate” soprattutto da nordamerica e Canada. Non dall’Europa
Stefano Serra, Terra e Vita
11 Giugno 2014
Le tre figure del pdf allegato descrivono il fenomeno. Nei cosiddetti paesi esportatori (Europa inclusa) si nota un lieve incremento produttivo in presenza di consumi stabili e forte aumento dell'esportazione. Il tutto ha portato a una volatilità degli stock finali tra 4,9 milioni di t del 2009 e 2,1 milioni nel 2012. In presenza di una domanda estremamente rigida, quest'ultimo dato sarebbe di per sé allarmante, ma con gli stock in progressiva riduzione, lo è ancora di più!
Poiché quasi un terzo dei consumi mondiali sono europei, vediamo come vanno le cose nella Comunità. Negli ultimi anni si è assistito a un costante calo dei consumi andato a braccetto con un calo delle produzioni e una tenuta (in media) delle importazioni. Tuttavia l'import è on demand, viene incrementato o diminuito alla bisogna, come se nel mondo il fattore quantità non fosse un problema; le scorte si sono ridotte fortemente dal 2012 e il fenomeno non sembra arrestarsi tra gli immobilismi pubblici (Bruxelles) e privati che vedono le giacenze più come un costo che non un'opportunità per evitare prezzi alle stelle in annate di carestia; se il 2007 e la “primavera araba” hanno insegnato qualcosa ai paesi del Sud Mediterraneo, pare che il Vecchio Continente veda ancora con lenti sfocate.
In Italia, le tendenze dei consumi e della produzione sembrano in linea con quanto accade in Europa, ma non facciamoci abbagliare: siamo stati noi a dettare la più parte del calo dei consumi (per l'export chiedere al cambio dell'euro e a Francia, Spagna e Grecia) e sul fronte produttivo, il calo è stato strutturalmente nostro, con l'aggravante del clima che a turno ha colpito Spagna e Francia e da oltre tre anni “grazia” il nostro paese. Ma confrontando i dati del nostro import con quelli europei, si vede che il deficit italiano è almeno pari all'importazione comunitaria da paesi terzi e, altro fatto rilevante, la tendenza al calo delle nostre scorte (stock) di fine campagna è più accentuata rispetto al resto d'Europa.
Alla luce di tutto ciò e con le ultime sirene di mercato che parlano di rese in calo a Sud dell'Europa, dalla Sicilia all'Andalusia; qualità inferiore alle attese in Grecia, e un calo rese al centro-sud Italia per gli attacchi di septoria...il nostro settore molitorio e pastaio dovrà giocoforza bussare alle porte degli importatori che, per semi-abbandono (fin dalle semine) della Francia, ma più recentemente anche della Spagna (siccità nella fase “lattea” del chicco) e Grecia (piogge tardive), saranno sempre più quelli del Nord America e, come da lustri , soprattutto il Canada.
Questo il punto sugli scenari a breve del grano duro e su una campagna che, al contrario di teneri e mais si prospetta “dura”, soprattutto se l'Italia dovrà concentrare le sue richieste sull'internazionale e, mettersi nelle mani di operatori “più politici che statisti”, che guardano più al profitto di oggi che al mantenere in vita la domanda di domani.
Fonte: http://www.agricoltura24.com/campagna-dura-per-il-duro/0,1254,54_ART_8461,00.html
Grano duro: produzione mondiale in calo
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Se guardate un po in giro per il mondo vi accorgerete che ci sono molti articoli che parlano di raccolti e rese ridimensionate a causa di avversità climatiche,dall'Oklahoma alla Turchia,anche in Canada,l'usda dovrebbe essere soppressa,lavora per gli speculatori finanziari e altera la realtà precostituendo eventuali fasi speculative.
RispondiEliminaPierino.
chi dice che le produzioni di grano duro sono diminuite, altri affermano che sono in eccedenza, mettetevi d'accordo e date il giusto guadagno a chi spetta....a chi comincia ad investire nella terra da luglio per raccogliere a giugno se Dio vorrà.
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